lunedì 23 gennaio 2012

OPS, MA STIAMO DIVENTANDO GRASSI?

Nel  corso degli ultimi due decenni stile di vita e dieta hanno subito un notevole ridimensionamento con conseguente molto negative per la salute umana.

Il problema dell’obesità sta diventando più grande della fame anche in zone del mondo che storicamente hanno dovuto affrontare il dilemma quotidiano del reclutamento delle calorie.
In paesi come Messico, Egitto, Sudafrica, più della metà degli adulti è in sovrappeso, circa un quarto sono obesi.

In Sudamerica, in Medio Oriente e nell’Africa settentrionale, almeno un adulto su quattro è in sovrappeso.
Il numero delle persone il sovrappeso al mondo è di circa 1,3 miliardi contro gli 800 milioni di persone sottopeso!
Se inizialmente si associava il problema sovrappeso/obesità a tassi di ricchezza più alti, ora lo scenario sta cambiando.

Le percentuali di obesi nei paesi in via di sviluppo stanno diventando ormai simili a quelli dei paesi europei o dell’America settentrionale.
Nel corso di una generazione abbiamo assistito alla transizione alimentare, su cui scriverò un articolo a breve, una delle conseguenze sociali più dure della globalizzazione.

Alcuni cambiamenti come consumo di bevande gasate, aumento dell’utilizzo di cibi d’origine animale, aumento della sedentarietà ha creato una serie di atteggiamenti che (irreversibilmente? Spero di no…) contribuiscono, giorno per giorno, all’aumento di malattie come diabete e cardiopatie.
Cosa c’è dietro a queste dinamiche? Perché paesi poveri ora si comportano da questo punta di vista come paesi ricchi?

La quadratura del cerchio non è così semplice, sono tante le situazioni che s’intrecciano.
Il ruolo dei governi non è secondario, a dispetto del tentativo ipocrita dei vari Ministeri della Salute di “educare il popolo”: sono gli stessi sati ricchi a vendere e inondare i paesi in via di sviluppo di cibi grassi, ricchi di zuccheri semplice tutti, ovviamente a basso costo.

Il Messico è un esempio utile alla nostra causa.
Nel non lontano 1989 il 10 per cento della popolazione era in sovrappeso: in quegli anni povertà e fame erano il vero problema, l’obesità non la conosceva in sostanza nessuno.
Le rilevazioni del 2006 hanno verificato che tutto è cambiato: la media della popolazione in sovrappeso era di circa il 65 per cento.

I diabetici di tipo 2 (la forma se insorge in età adulta) messicani erano in sostanza inesistenti circa venti anni fa, a oggi sono un sesto della popolazione.
Sicuramente la vicinanza a paesi come gli Stati Uniti hanno determinato influenza dal punto di vista culturale m anche fenomeni come l’inurbamento ha un ruolo importante.
Un nuovo fattore che aumenta in maniera quasi esponenziale il ruolo di uno stile di vita sbagliato nella genesi di una malattia è la possibilità di fare dei check up sul paziente.

Mentre nei paesi occidentali il monitoraggio delle condizioni di salute del paziente è una costante durante tutta la sua vita, questa prassi non caratterizza le popolazioni dei paesi in via sviluppo.
Questa dinamica si traduce in diagnosi non sempre corrette o per lo meno tardive che aumentano la possibilità di avere complicazioni.

Dieta e stile di vita nei paesi in via di sviluppo

Uno dei principali fattori che ha contribuito all’aumento degli obesi nei paesi in via di sviluppo è l’uso di bevande dolcificate.
Le uniche bevande che l’uomo ha conosciuto durante la sua evoluzione sono acqua e latte.
Il problema sorge per un mancato meccanismo di compensazione.

Se beviamo acqua mangiamo una determinata quantità di cibo; se beviamo una Fanta o una Coca-Cola siamo attenti a diminuire l’introito calorico del pasto? Direi proprio di no…

Secondo alcune rilevazioni americane, tra il 1977 e il 2006 i dolcificanti aggiunti alle bevande hanno aumentano l’apporto calorico di circa 137 kcal: in un anno sono circa 7 kg.

Una domanda che mi rivolgono spesso i pazienti in studio è questa: dottore sono ingrassato/a ma in realtà mangio poco!
Un attimo, lo dico io se tu mangi poco: questa rilevazione apre la porta a quelle calorie che io chiamo “invisibili”; mangiamo senza capire quello che accade realmente.

La colpa è da attribuire alle grandi catene di supermercati le quali, mosse da interessi economici e dalla ricerca di nuovi mercati, hanno invaso i paesi in via di sviluppo.

Risultato? Crescente numero di supermercati con disponibilità di cibo a basso costo.
In America latina il numero di negozi è aumentato dal 15 per cento del 1990 al 60 per cento del 2000.

Altro fattore è l’aumento del consumo di cibi ad alta densità energetica.
Un esempio importante riguarda gli oli: i progressi tecnologici hanno reso questa categoria di alimenti facilmente accessibili anche alle famiglie più povere per via del loro basso prezzo.
In Cina, l’aumento del consumo giornaliero di oli è passato da 14,8 grammi del 1989 a 35,1 grammi del 2004: 183 kcal in più al giorno.

Morale della favola?
I due fattori contribuiscono all’introduzione giornaliera delle calorie contenute in un piatto di pasta: che effetto vi fa pensare di mangiare, oltre quello che già fate adesso, un piatto di pasta in più ogni giorno?

L’altro grande cambiamento è l’enorme aumento dei cibi di origine animale.
Negli ultimi venti anni l’aumento della richiesta e del consumo di carne, pesce, pollame e uova sono da attribuirsi quasi tutto ai bisogni dei paesi in via di sviluppo.
Il risultato è l’aumento dell’incidenza delle malattie cardiache dovuto in gran parte all’enorme introito di grassi saturi.

Domanda!

Cosa dovrebbero fare le società moderne per diminuire dati che senza sosta aumentano?

L’ipocrisia delle industrie alimentari è comica allo stato puro: secondo il genio di turno il compito dello stato è quello di educare la gente a mangiare bene.
Ok, perfetto, non hanno torto, TEORICAMENTE : ma se poi compri ore e ore di spazi pubblicitari, spazi non casuali, ma scelti ad hoc cosa vuoi che cambi?
Se non sarà messa sotto controllo la transizione alimentare questo fenomeno causerà un aumento delle malattie e una terrificante diminuizione della speranza di vita.

Se non saranno adottate politiche preventive, i costi sanitari potranno mettere in ginocchio le economie di diversi paesi in via di sviluppo.

Arrestare l’aumento dell’obesità è difficilissimo.
Gli studi scientifici degli ultimi anni stanno concentrando lo sforzo in questo senso, ma oggettivamente non basta.

La storia evolutiva dell’uomo ci insegna chiaramente che abbiamo sempre ricercato un’alimentazione più gustosa e stili di vita sedentaria.
Oggi, personalmente, se vogliamo rompere questi nuovi stili di vita e creare generazioni future più rispettose verso se stesse e quindi più sane dobbiamo invertire questa tendenza  PUNTO !





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