lunedì 27 febbraio 2012

COME I GRASSI SI RAPPORTANO ALLA NOSTRA SALUTE: LE MALATTIE CARDIOVASCOLARI



Le principali malattie cardiovascolare sono l’aterosclerosi e le coronopatie.
La loro patogenesi è fortemente influenzata dai diversi tipi di grassi che abbiamo nel sangue e che, in maniera scientifica, indichiamo come lipidi plasmatici.

Questa classe di lipidi annoverano i famosi trigliceridi o le lipoproteine ad alta e bassa intensità (LDLD e HDL), i quali differiscono tra di loro per la composizione in proteine, lipidi e colesterolo.
Le più pericolose sono le LDL in quanto sono lipoproteine capaci di filtrare gli strati più interni delle arterie e, se modificate, possono iniziare il processo aterosclerotico.

Questo processo inizia con i macrofagi, cellule del sistema immunitario adibite quindi a difesa del nostro organismo, che catturano le LDL dando origine a cellule schiumose originando la placca ateromatosa.
Le HDL funzionano al contrario: rimuovono il colesterolo dai tessuti e ritardano la cattura delle LDL.

I trigliceridi non sono presenti nelle lesioni aterosclerotiche ma influiscono, attraverso altri meccanismi, la patogenesi delle malattie cardiovascolari.
L’altro fattore importante nell’aterosclerosi riguarda la composizione degli acidi grassi e il loro grado di insaturazione.

Gli acidi grassi saturi hanno la capacità di aumentare il livello plasmatico del colesterolo e, nello specifico, questo aumento è maggiore della capacità degli acidi grassi insaturi di diminuire lo stesso colesterolo.
Gli acidi grassi monoinsaturi sono da considerarsi neutri nei riguardi del colesterolo, se paragonati ai carboidrati.

I carboidrati, nello specifico, se introdotti con la dieta in maniera cospicua potrebbero far aumentare l’escrezione epatica di trialgliceroli arrichendo così le lipoproteine.
Gli acidi grassi insaturi nelle conformazione biochimica trans, ottenuti da alcuni processi industriali, si comportano come i saturi.

Gli acidi grassi polinsaturi hanno un doppio comportamento.
La famiglia della serie n-6 è in grado di far abbassare la colesterolemia mentre quelli della serie n-3 sono capaci di diminuire i livelli plasmatici dei trigliceridi.

Esiste un parametro chiamato indice di aterogenecità degli alimenti capace di classificare il cibo in base alla influenza negativa che esercita sull’aterosclerosi.
Indice di aterogenecità = (1.01 x g ac. grassi saturi) + (0.05 x mg colesterolo) 

Nella valutazione di un alimento non dovrà essere preso in considerazione solo il contenuto di colesterolo ma anche la quantità di acidi grassi saturi.
Un esempio veloce è quello dei crostacei, alimenti ricchi di colesterolo rispetto i grassi animali ma poveri di acidi grassi saturi quindi poco aterogeni.

Ecco un tabella per darvi un’idea per un rapido confronto.

Alimento (100 gr)
Colesterolo (mg)
Grassi saturi (gr)
Indice di aterogenecità
Carne di pollo
67
3
6,4
Carni rosse (20% grasso)
65
10
13,5
Formaggi grassi
90
15-25
25
Crostacei
100
0,2
5,2
Pesce
50-100
0,5-1,2
4,6

In realtà andrebbe precisato che l’indice di aterogenicità degli alimenti alcuni limiti.
Il calcolo di questo parametro risulta tanto veloce quando non necessariamente preciso.

Altro limite è il non considerare il diverso carattere degli acidi grassi saturi: il potere aterogeno è, infatti, minimo per l'acido stearico e per quelli a catena più corta, e massima per l'acido miristico e per quello palmitico. 

Gli alcuni acidi grassi monoinsaturi (vedi l'oleico) e polinsaturi (vedi omega tre ed omega sei) hanno, dal canto loro, capacità di diminuire i lipidi plasmatici ( altro fattore limitante).
In generale non si valuta il contenuto calorico e l'indice glicemico degli alimenti, fattori che stimolano la sintesi lipidica: esempio importanti sono lo zucchero da tavola e l'alcol etilico, i quali - pur avendo un indice ateregonecità quasi nullo sono iperlipidemizzanti. 

È più chiaro ora perché vanno limitati i cibi grassi?

Nessun commento:

Posta un commento