Le principali malattie
cardiovascolare sono l’aterosclerosi e le coronopatie.
La loro patogenesi è fortemente influenzata
dai diversi tipi di grassi che abbiamo nel sangue e che, in maniera
scientifica, indichiamo come lipidi plasmatici.
Questa classe di lipidi annoverano i
famosi trigliceridi o le lipoproteine ad alta e bassa intensità (LDLD e HDL), i
quali differiscono tra di loro per la composizione in proteine, lipidi e
colesterolo.
Le più pericolose sono le LDL in
quanto sono lipoproteine capaci di filtrare gli strati più interni delle
arterie e, se modificate, possono iniziare il processo aterosclerotico.
Questo processo inizia con i
macrofagi, cellule del sistema immunitario adibite quindi a difesa del nostro
organismo, che catturano le LDL dando origine a cellule schiumose originando la
placca ateromatosa.
Le HDL funzionano al contrario:
rimuovono il colesterolo dai tessuti e ritardano la cattura delle LDL.
I trigliceridi non sono presenti
nelle lesioni aterosclerotiche ma influiscono, attraverso altri meccanismi, la
patogenesi delle malattie cardiovascolari.
L’altro fattore importante
nell’aterosclerosi riguarda la composizione degli acidi grassi e il loro grado
di insaturazione.
Gli acidi grassi saturi hanno la
capacità di aumentare il livello plasmatico del colesterolo e, nello specifico,
questo aumento è maggiore della capacità degli acidi grassi insaturi di
diminuire lo stesso colesterolo.
Gli acidi grassi monoinsaturi sono
da considerarsi neutri nei riguardi del colesterolo, se paragonati ai
carboidrati.
I carboidrati, nello specifico, se
introdotti con la dieta in maniera cospicua potrebbero far aumentare
l’escrezione epatica di trialgliceroli arrichendo così le lipoproteine.
Gli acidi grassi insaturi nelle
conformazione biochimica trans, ottenuti da alcuni processi industriali, si
comportano come i saturi.
Gli acidi grassi polinsaturi hanno
un doppio comportamento.
La famiglia della serie n-6 è in
grado di far abbassare la colesterolemia mentre quelli della serie n-3 sono
capaci di diminuire i livelli plasmatici dei trigliceridi.
Esiste un
parametro chiamato indice di aterogenecità degli alimenti capace di
classificare il cibo in base alla influenza negativa che esercita
sull’aterosclerosi.
Indice di aterogenecità = (1.01 x g ac. grassi saturi) + (0.05 x mg
colesterolo)
Nella
valutazione di un alimento non dovrà essere preso in considerazione solo il contenuto
di colesterolo ma anche la quantità di acidi grassi saturi.
Un esempio
veloce è quello dei crostacei, alimenti ricchi di colesterolo rispetto i grassi
animali ma poveri di acidi grassi saturi quindi poco aterogeni.
Ecco un tabella
per darvi un’idea per un rapido confronto.
Alimento (100 gr)
|
Colesterolo (mg)
|
Grassi saturi (gr)
|
Indice di aterogenecità
|
Carne di pollo
|
67
|
3
|
6,4
|
Carni rosse (20% grasso)
|
65
|
10
|
13,5
|
Formaggi grassi
|
90
|
15-25
|
25
|
Crostacei
|
100
|
0,2
|
5,2
|
Pesce
|
50-100
|
0,5-1,2
|
4,6
|
In realtà andrebbe precisato che
l’indice di aterogenicità degli alimenti alcuni limiti.
Il calcolo di questo parametro
risulta tanto veloce quando non necessariamente preciso.
Altro limite è il non considerare il
diverso carattere degli acidi grassi saturi: il potere aterogeno è, infatti,
minimo per l'acido stearico e per quelli a catena più corta, e massima per
l'acido miristico e per quello palmitico.
Gli alcuni acidi grassi monoinsaturi
(vedi l'oleico) e polinsaturi (vedi omega tre ed omega sei) hanno, dal canto
loro, capacità di diminuire i lipidi plasmatici ( altro fattore limitante).
In generale non si valuta il
contenuto calorico e l'indice glicemico degli alimenti, fattori che stimolano
la sintesi lipidica: esempio importanti sono lo zucchero da tavola e l'alcol
etilico, i quali - pur avendo un indice ateregonecità quasi nullo sono
iperlipidemizzanti.
È più chiaro ora perché vanno limitati i cibi grassi?
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